mercoledì 11 febbraio 2009

Anche La Stampa si occupa di scie chimiche

A seguito di una mia breve intervista, l'inserto di scienza e tecnologia de La Stampa, pubblica un articolo sulle scie chimiche a firma di Marco Pivato.
Purtroppo la diretta conseguenza di numerose interrogazioni porta a far sembrare il fenomeno reale, anche se non lo è. Il ragionamento segue il principio di autorità: " se lo dice un onorevole non può che essere vero". Purtroppo o per fortuna sappiamo che gli onorevoli sono fallibili e quindi il fatto che tanti politici abbiano proposto delle interrogazioni non è sintomo dell'esistenza di "qualcosa di anomalo", quando del fatto che nessuno è immune alle teorie complottiste, soprattutto se apprese superficialmente da vari siti web che gran parte delle volte riportano notizie false o manipolate. Buona lettura

Fonte: Tutto Scienze Mercoledì 11 febbraio 2009

Aggiornamento:11 febbraio 2009 ore 19.00

Ho avuto modo di leggere l'articolo e devo dire che non sono per niente soddisfatto del modo con il quale un inserto che contiene la parola "scienze" ha trattato l'argomento. Da quando in "scienze" si chiede la dimostrazione della non esistenza di qualcosa? Provo a lanciare io una sfida a Marco Pivato (autore dell'articolo): mi dimostri che non esiste un drago invisibile e intangibile di colore rosa a strisce nere che svolazza sui cieli di Torino. Forse prima di chiedere dimostrazioni della non esistenza delle scie, bisognerebbe chiedersi quali siano le prove della loro esistenza.
Nell'articolo si da ampio spazio alle interrogazioni fatte dall'On. Brandoli, alle cui obiezioni ha risposto il Ministero (oltre che io durante il nostro scambio di mail).
Sospendo per ora il giudizio su quanto attribuito a Lorenzo Montali (non Montale), ma anche su questo ci sono interessanti risvolti.
Per quanto riguarda la domanda finale, ovvero la richiesta di analisi in quota, direi che oltre 50 anni di letteratura scientifica avrebbero dovuto far pensare che qualche analisi fosse già stata fatta in passato. Che il giornalista sia davvero convinto che dal 1953 (data di pubblicazione del primo articolo con uno studio dettagliato sulle scie di condensazione) ad oggi nessuno si sia preso la briga di andare in quota e controllare cosa fossero quelle scie?
Così come per altri eventi descritti su questo blog rimango senza parole.


Aggiornamento:11 febbraio 2009 ore 23.11

Come giustamente mi ha fatto notare Marco Pivato e alcuni altri utenti, il titolo non è responsabilità dell'autore, ma del titolista. Credo sia giusto precisarlo visto che il titolo e l'occhiello mi sembrano le parti più favorevoli ai complottisti.

5 commenti:

underek_ ha detto...

Primo!

Ma roba da matti...

Anonimo ha detto...

La pagina "Misteri" dell'inserto Tuttoscienze e tecnologia de La Stampa è la pagina dedicata alle questioni di confine. Non ospita argomenti di rigore ma per l'appunto misteri.

Certo, non è un mistero quello delle "scie chimiche": come hanno detto nell'intervista Simone e i suoi colleghi si tratta di una bufala scientifica

Ma bisogna tenere conto delle diverse logiche dei luoghi in cui si parla, invece, della stessa cosa (scie chimiche): una redazione, un laboratorio, la pazzia e il bar. Sono vetrine che hanno logiche diverse e diversi interlocutori.

Non è la giustificazione al diffondere informazione scorretta.
Studi sociologici, sulla comunicazione della scienza, dimostrano che spiegare la verità con l'atteggiamento "top-down" (io sono lo scienziato e quindi vi spiego come stanno le cose) purtroppo non funziona. (banalmente = se voglio convincerti di qualcosa, anche vera, meglio non iniziare con dargli dello scemo).

E dico purtroppo perché, a volte, invece, farebbe piacerebbe che funzionasse. Così gli scienziati (e i giornalisti per bocca loro) farebbero meno fatica a educare il pubblio con la loro l'expertise.

Ma le cose sono più complicate. La gente per essere persuasa di qualcosa va presa per la pancia, non per la testa.
Ecco perché la stessa storia metropolitana delle scie chimiche va ancora di moda.

L’accettazione del rischio è in realtà un processo mediato socialmente che chiama in causa portatori di interessi differenti, valori morali e giudizi politici, perciò differisce la valutazione del rischio.

Nell'intenzione dell'articolo c'era proprio la possibilità di rispettare la "pancia" di tutti :-)

E quindi di cercare di veicolare l'expertise scientifico con maggior successo.

Si cerca, per questo difficile dialogo tra interlocutori differenti di essere più equilibrati possibili: la pagina reca anche "fantasmi chimici", e "paure di massa".

E' quindi tutt'altro che un articolo a favore delle scie chimiche: l'atteggiamento ammiccante legittima il sentire di chi è affascinato da queste storie così non lo fa sentire respinto; lo ammette alla lettura.

E se gradisce la cortesia, legge. Legge, forse, senza stereotipizzare lo scienziato, dargli del freddo razionalista. E magari finalmente lo ascolta.

Marco Pivato.

Simone ha detto...

Ciao Marco,
sono felice che tu sia venuto a commentare il mio intervento. Quanto hai detto lo condivido in pieno e so bene quanto sia più difficile divulgare che "fare" la scienza.
Nella mia "critica" ho volutamente ignorato buona parte dell'articolo per focalizzarmi su pochi elementi che mi hanno lasciato molto perplesso. Ti confesso che rileggendo l'articolo, in effetti, sembra piuttosto neutrale, salvo appunto il titolo e la domanda finale che sembrano dare una connotazione "complottista" al tutto.
Io cerco di capire la tua posizione, tu cerca di capire la mia: vedere un articolo nel cui titolo si chiede di portare le prove dell'inesistenza delle scie chimiche mi da un pò i brividi ^_^

underek_ ha detto...

Devo ammettere che anch'io ero rimasto "vittima" del titolo e dell'impostazione dando tutt'altro senso. Non condivido alcune cose, ma son mere opinioni personali.

brain_use ha detto...

Personalmente, sono fondalmentalmente d'accordo sui concetti. Un po' meno sulla loro applicazione.

Mi spiego meglio.
Sin da quando scopersi l'ennesimo complottone, quello appunto delle presunte scie chimiche, la mia posizione in materia non è mai cambiata. Ed è semplicemente, che è insostenibile sul piano logico ed organizzativo prima ancora che su quello scientifico.

I fatti, lo sappiamo, sono abbastanza semplici da riassumere in due punti fermi:
Primo: le CONtrails sono fenomeno noto e studiato da oltre un cinquantennio.
Secondo: l'incremento di presenza di CONtrails nei cieli di tutto il mondo si spiega facilmente con l'altrettanto massiccio incremento di voli dell'aviazione civile.

Che qualcuno abbia pensato di inventarci sopra l'ennesimo complottone bufala è fatto altrettanto noto.
Si sa chi, dove e quando: il giornalista canadese William Thomas, il primo a descriverlo in un libro del 1997, basandosi sui messaggi pubblicati su Internet da un certo Richard Finke, dell'Ohio, che teorizzava l'uso di pesticidi nel carburante ai fini di una sorta di genocidio di massa.

Da allora, la bufala circola anche sul web italiano, alimentata dalle paranoie cospirazioniste di diversi soggetti che, a sostegno delle proprie tesi, sono stati più volte colti a manipolare dati e inventarsi informazioni.

Fatte queste doverose premesse, è ovvio a chiunque che l'eventuale compito di svolgere analisi in quota e di assumersi gli oneri economici di questa operazione spetterebbe proprio a chi vuol sostenere l'insostenibile. Che, cioè, esista un complottone su scala mondiale coinvolgente decine di migliaia di persone per disseminare i cieli di non ben precisate sostanze chimiche per non ben precisati scopi.
Non si vede infatti perché dovrebbe essere onere della comunità scientifica dimostrare l'inconsistenza di tesi basate sul nulla, quando invece dovrebbe essere a carico di coloro che le diffondono dimostrarne la fondatezza.

Dunque, se è bene che al grande pubblico ci si rivolga con tutta la cautela necessaria per far passare il messaggio "di pancia" inevce che "di cervello", sarebbe però altrettanto opportuno giungere a mettere un bel punto finale e dirimere la questione con una certa decisione.

Sennò si finisce col permettere alle bufale di ammantarsi di quella certa sorta di credibilità popolare che deriva dal principio di autorità: qualcosa di vero ci deve pur essere se anche i giornali ne parlano in forse e se alcuni parlamentari ne fanno addirittura questione di principio presentando e ripresentando le stesse interrogazioni parlamentari per anni, incuranti delle spiegazioni ricevute.
E si finisce col permettere specialmente ai più giovani, molto sensibili alle cassandre del web, di farcirsi la testa di emerite castronerie.

Come queste e come quelle sull'11 settembre: oggi, oltre sette anni dopo quel fatidico giorno, ancora ammantate di un velo di credibilità assolutamente immeritato. E divulgate da una pletora di autoproclamatisi "ricercatori della Verità" cui spesso proprio le pubblicazioni e le trasmissioni "di confine" hanno concesso l'onore della grancassa nazional-popolare esclusivamente in nome dell'audience.